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La voluntary disclosure, o collaborazione volontaria, rientra nel quadro delle misure volte a contrastare i fenomeni di evasione fiscale posti in essere tramite fittizie residenze fiscali estere e l’illecito trasferimento e/o detenzione al di fuori dei confini nazionali di attività o beni produttivi di reddito.
Si tratta di una procedura inserita in un più vasto programma di lotta ai fenomeni di illecito fiscale internazionale in attuazione di quanto auspicato già nel 2010 dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e, più recentemente nell’aprile del 2013, dalla relazione della Commissione per lo studio sull’autoriciclaggio (Commissione Greco).
Numerosi sono stati i Governi (tra i quali Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito, Belgio) che, sulla scorta di quanto indicato dall’OCSE hanno già posto in essere politiche agevolative finalizzate alla raccolta di capitali e, allo stesso tempo, al contrasto del fenomeno dell’evasione fiscale.
Nel contesto di un mutato scenario internazionale caratterizzato dall’inasprimento della lotta all’evasione fiscale (si pensi ad esempio ai numerosi accordi per lo scambio di informazioni sottoscritti di recente, alle citate iniziative dell’OCSE, a quelle dell’Unione Europea, al FATCA, all’Euroritenuta), si intende, quindi, introdurre anche nel nostro ordinamento un istituto finalizzato, senza ombra di dubbio, a fornire una sorta di “ultima possibilità” a coloro che detengono beni o attività all’estero in violazione della normativa relativa al monitoraggio fiscale.
Questa premesse devono essere tenute in debita considerazione nel contesto delle valutazioni che i contribuenti (e i loro professionisti) saranno chiamati a compiere prima di decidere se usufruire o meno di questa particolare procedura che, nelle intenzioni del Legislatore, sarà profondamente differente rispetto agli scudi fiscali ed ai condoni degli anni passati.
Il programma di voluntary disclosure nasce, come detto, con il dichiarato obiettivo di far rientrare in Italia tutte quelle somme che sono state trasferite all’estero (o sono lì detenute) in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale di cui al Decreto Legge numero 167 del 28 giugno 1990, convertito dalla Legge numero 227 del 4 agosto 1990.
Con il Decreto Legge n. 4/2014 il Consiglio dei Ministri aveva definito un primo quadro normativo relativo alla procedura di collaborazione volontaria individuando l’ambito applicativo della disciplina per il rientro dei capitali.
Con tale provvedimento: (i) era stato chiarito quali fossero i soggetti ammessi alla procedura (persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia che hanno costituito o detengono direttamente attività finanziarie o patrimoniali al di fuori del territorio dello Stato, ma anche i titolari effettivi residenti in Italia di partecipazioni estere, immobili, crediti, trust, fondazioni di diritto estero, è stato previsto che, oggetto di definizione, sono quelle violazioni della disciplina sul monitoraggio fiscale commesse entro il 31 dicembre 2013); (ii) veniva indicato (30 settembre 2015) il termine ultimo per attivare la procedura; (iii) venivano dettagliate le modalità di adesione e di versamento di quanto dovuto all’Erario; e (iv) veniva dettagliato un sistema premiale consistente nella riduzione delle sanzioni amministrative e nella non punibilità penale o riduzione delle pene previste per i delitti di dichiarazione infedele, omessa dichiarazione e dichiarazione fraudolenta.
La complessità della procedura così istituita, gli elevati costi per l’adesione, una serie di aspetti non chiariti né dalla norma né dalla stessa Agenzia delle Entrate, le possibili conseguenze negative in capo a soggetti terzi coinvolti nella procedura di emersione hanno fatto venire meno l’appeal di questa procedura a tal punto che, alla luce delle pochissime richieste di adesione, il Decreto Legge non è stato convertito in Legge con il conseguente venir meno, in attesa di un nuovo provvedimento normativo, delle agevolazioni per chi intende far “emergere” i capitali e i beni detenuti all’estero in violazione della disciplina sul monitoraggio fiscale.