Collection Management

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    INVESTIRE SULLA BELLEZZA: Bastano dieci mila euro per fare soldi con l’arte.

    Intervista a Avv. Prof. Stefano Loconte – di Lucia Esposito

    Oggi l’incertezza del mercato finanziario ha trasformato i quadri in beni rifugio a cui gli investitori ricorrono incoraggiati anche da rendimenti che in alcuni casi superano perfino il 7,5% annuo (fonte: Deloitte Art & Finance report del 2019). Con la pandemia molti investitori hanno visto volatilizzarsi il valore di titoli considerati sicuri, mentre è stata premiata la coraggiosa lungimiranza di collezionisti che hanno investito nell’opera giusta senza peraltro essere Paperon de Paperoni.

    Non serve, dicevamo, essere milionari per avvicinarsi a questo mondo. Per iniziare bastano anche diecimila euro.

    L’importante è non lanciarsi da soli in questo settore tanto affascinante quanto complesso, non fidarsi dei consigli di fantomatici esperti che affollano il web e non seguire il proprio istinto. «Meglio evitare le avventure e farsi aiutare da un vero esperto», spiega il professor Stefano Loconte fondatore dello studio Loconte&Partners che, per primo, ha istituito la figura dell’art advisor all’interno di uno studio professionale. «Si tratta di un esperto che supporta il cliente anche nei processi di valutazione dell’autenticità dell’opera e del suo potenziale».

    Il cliente va altresì seguito da un punto di vista legale e fiscale per quanto riguarda l’acquisto e la vendita di opere d’arte all’estero, per esempio, con gli atti di importazione e di esportazione».

    C’è poi il grande tema della successione: se un collezionista vuole che alla sua morte l’insieme dei suoi quadri non vada disperso ha bisogno di un professionista che crei strumenti giuridici ad hoc comela fondazione o il trust che garantiscono l’integrità di quella raccolta di quadri.

    Diventare collezionisti non è più un sogno proibito riservato a pochi come accadeva in passato. Ma proprio perché il mondo dell’arte attira sempre più l’interesse degli investitori, il rischio di subire truffe è ancora più alto: meglio agire con prudenza e chiedere aiuto a chi conosce le regole.

    Trovate l’articolo completo sulla pagina culturale (pag. 19) di Libero Quotidiano del 14 agosto 2020. A seguito è qui disponibile una versione PDF della singola pagina.(Download)

    I PORTI FRANCHI: I NASCONDIGLI DELL’ARTE

    Di Dott.ssa Marta Angelucci

    Quando si parla di grandi musei ognuno di noi, con l’immaginazione, vola in direzione Parigi, San Pietroburgo o New York pensando al Louvre, all’Hermitage o al Metropolitan Museum of Art. Nessuno penserebbe mai che, in realtà, una grandissima quantità di opere d’arte e altri beni da collezione sono custoditi all’interno di capannoni multipiano che sorgono nell’ambito delle cosiddette “zone franche”.

    Negli anni, infatti, per motivi di natura amministrativa e fiscale, si è affermata in modo crescente la tendenza a custodire e conservare opere d’arte e altri beni preziosi da collezione (gioielli, auto d’epoca, oggetti d’antiquariato, vini pregiati) all’interno di spazi inusuali quali i porti franchi (freeport).

    I porti franchi (detti anche zone franche o zone economiche libere) sono territori circoscritti geograficamente all’interno di un paese che godono di alcuni privilegi di natura tributaria. In particolare, i suddetti territori beneficiano di un regime doganale speciale che prevede l’assenza di dazi di importazione ed esportazione e l’esenzione dal pagamento di imposte.

    Come funziona un porto franco e qual è il suo impatto sul mondo dell’arte?

    Ha approfondito il tema la nostra associate  Dott.ssa Marta Angelucci  su Quid Magazine per la rubrica DIRITTO DELL’ARTE a cura dello Studio LOCONTE&PARTNERS. 

    Trovate l’articolo al seguente link.

    In alternativa la versione PDF qui scaricabile (I PORTI FRANCHI: I NASCONDIGLI DELL’ARTE di Marta Angelucci)