Nei casi di reati contro la p.a., via libera alle pene accessorie per chi patteggia ma a condizione che ci siano motivazioni precise. È quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 14238 del 4 aprile scorso, che i nostri professionisti Prof. Avv. Stefano Loconte e Avv. Giulia Maria Mentasti hanno commentato per ItaliaOggi7, e con cui la sesta sezione penale ha chiarito che il giudice che emette sentenza di patteggiamento, anche cosiddetto allargato (ovvero fino a cinque anni di pena detentiva), per delitti contro la pubblica amministrazione, può applicare le pene accessorie previste dall’art. 317-bis c.p., ovvero l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione, purché siano esplicitate le ragioni di tale applicazione. La Suprema corte si è pronunciata dunque sulle modifiche introdotte dalla l. n. 3 del 2019, che hanno inciso su uno dei principali profili di premialità tradizionalmente tipici del patteggiamento cosiddetto ordinario (e cioè quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva), ovvero la non applicabilità, prima riconosciuta in automatico, delle pene accessorie.
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