Area Stampa

    Debiti fiscali, somme svincolate
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    P.a., fondi Pnrr sotto vigilanza
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    Niente sconti per le teste di legno
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    Nei Cda la delega fa la differenza

    In assenza di deleghe specifiche ai membri del Cda, a rispondere del reato tributario sono tutti i consiglieri: è quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 11087 del 28 marzo scorso, che i nostri professionisti Prof. Avv. Stefano Loconte e Avv. Giulia Maria Mentasti hanno commentato per ItaliaOggi7 e con cui la terza sezione penale si è pronunciata, nell’ambito di un procedimento per frode fiscale, sul sequestro preventivo eseguito nei confronti di un membro del consiglio di amministrazione di un consorzio. Con l’occasione la Suprema corte ha offerto un approfondimento sui possibili scenari di responsabilità, differenti a seconda che il Cda operi con o senza deleghe, nonché sulla confisca dei beni personali di ciascun componente.
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    Covid, la responsabilità del datore di lavoro non è delegabile

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    Il rinvio a giudizio congela la 231
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    Per chi ricicla sequestro senza sconti

    Per chi ricicla sequestro senza sconti: è quanto emerge dalla sentenza n. 7503 del 2022, che i nostri professionisti Prof. Avv. Stefano Loconte  e Avv. Giulia Maria Mentasti hanno commentato per ItaliaOggi7 e con cui la seconda sezione penale della Cassazione ha affermato che in caso di condanna per riciclaggio deve essere confiscata l’intera somma oggetto dell’operazione illecita e non solo l’importo corrispondente al vantaggio tratto dal riciclatore. Inutile, pertanto, il tentativo di quest’ultimo di sottrarsi alla misura evidenziando di non aver percepito alcun profitto dall’operazione. La Suprema corte ha infatti chiarito che ogniqualvolta il riciclaggio abbia a oggetto somme di denaro, il profitto o comunque il prodotto del reato è da intendersi come corrispondente all’intero ammontare delle somme che sono state «ripulite» attraverso le operazioni compiute dall’imputato; la circostanza che quest’ultimo abbia goduto solo in parte del profitto del riciclaggio, che sostanzialmente è stato successivamente incamerato dal dominus dell’operazione, ovvero che non abbia tratto alcun godimento personale e diretto, non cambia la sostanza delle cose, vale a dire che l’intera somma riciclata costituisca il profitto del reato, di cui l’imputato ha avuto, comunque, di fatto la disponibilità.
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    Frode fiscale? È reato istantaneo
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    Principio di oralità del processo penale ko

    Principio di oralità del processo penale ko, con la disciplina dell’emergenza prorogata fino al 31 dicembre 2022: è quanto emerge dalla legge n. 15 del 25 febbraio scorso, di conversione del d.l. 228/2021, il cosiddetto decreto Milleproroghe, che i nostri professionisti Prof. Avv. Stefano Loconte e Avv. Giulia Maria Mentasti hanno illustrato in un approfondimento per ItaliaOggi7. Infatti, i giudizi di appello e cassazione ancora per tutto questo anno si celebreranno nella cosiddetta forma del rito camerale non partecipato, che si traduce non solo in un processo a porte chiuse ma nella totale assenza di p.m., imputati, difensori, che rassegneranno le proprie conclusioni per iscritto. Svolgimento a distanza anche delle indagini preliminari, considerato che fino a fine 2022 sono previsti collegamenti da remoto per il compimento di atti investigativi che richiedono la partecipazione dell’indagato, della persona offesa, del difensore, nonché di consulenti, di esperti o di altre persone.
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    Operazioni rischiose non bastano per condannare per bancarotta

    Operazioni rischiose non bastano per condannare per bancarotta: è quanto emerge dalla sentenza n. 118 del 2022, che i nostri professionisti Prof. Avv. Stefano Loconte e Avv. Giulia Maria Mentasti hanno commentato per ItaliaOggi7 e con cui la quinta sezione penale della Cassazione ha chiarito che perché si configuri il reato non è sufficiente l’accertamento della mala gestio dell’impresa, ma è necessario che vengano individuate le condotte specifiche volte a ritardare il fallimento e ad arrecare danno ai creditori o ingiusto profitto per sé o per altri. Così come la colpa grave non può essere desunta erroneamente solo sulla base del dato oggettivo del ritardo nel presentare istanza di auto-fallimento.
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    Imprenditori e professionisti e sequestro penale del conto corrente

    Imprenditori e professionisti e sequestro penale del conto corrente: da garantirsi il minimo vitale, ma limiti severi nella sua determinazione: è quanto emerge dalla sentenza 795 del 2022, che i  nostri professionisti Prof. Avv. Stefano Loconte e Avv. Giulia Maria Mentasti hanno illustrato per ItaliaOggi7 e con cui la terza sezione penale della Corte di Cassazione, nel pronunciarsi sulla misura cautelare reale emessa in un procedimento per reati tributari, ha risposto affermativamente alla delicata questione della esistenza di limiti al sequestro e alla confisca per equivalente sul patrimonio di imprenditore o professionista sottoposti a indagine penale, al fine di salvaguardare le esigenze di vita minime dei suddetti e delle relative famiglie.

    Tuttavia attenzione: perché, come precisato, la misura del limite del c.d. «minimo vitale», determinabile da parte del giudice di merito, deve formare oggetto di specifica allegazione da parte della difesa dell’interessato ed è soggetta ad una valutazione da operare di volta in volta sulla base della complessiva situazione patrimoniale e reddituale della persona che subisce gli effetti del sequestro preventivo, mentre nel caso concreto le esigenze del commercialista di ricevere i pagamenti dai clienti e di retribuire i propri collaboratori non rientravano tra quelle minime di vita tali da limitare l’esecuzione del sequestro preventivo sul conto corrente del professionista.
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    Manette per autoriciclaggio anche con l’acquisto di criptovalute

    Manette per autoriciclaggio anche con l’acquisto di criptovalute, in quanto si tratta di attività finanziaria che aiuta a celare la provenienza illecita dei beni: come illustrato dai nostri professionisti Prof. Avv. Stefano Loconte e Avv. Giulia Maria Mentasti in un approfondimento per ItaliaOggi7, è quanto emerge dalla sentenza n. 2868 del 2022, con cui la prima sezione penale della Cassazione ha affermato che per essere condannati per il delitto di cui all’art. 648-ter.1 cp non occorre una condotta che impedisca, in maniera assoluta, di identificare la provenienza da reato dei beni, essendo, al contrario, sufficiente una qualunque attività, concretamente idonea anche solo a ostacolare gli accertamenti sulla loro origine. Il principio è stato evidenziato in riferimento al trasferimento, tramite bonifici in euro, di somme di denaro di provenienza illecita a società estere incaricate di cambiare la valuta ricevuta in bitcoin, considerato che l’indagato, non agendo in proprio nell’acquisto della valuta virtuale ma per mezzo di società estere adibite all’operazione di cambio valuta, aveva posto un ostacolo alla identificazione dello stesso come beneficiario finale delle transazioni ed effettivo titolare di bitcoin acquistati non da lui ma dalle suddette società che fungevano da «exchanger» di criptovalute.
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