Stefano Loconte

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    In manette il commercialista che riceve compensi troppo onerosi

    In manette il commercialista che riceve compensi troppo onerosi: come illustrato dai nostri professionisti Prof. Avv. Stefano Loconte e Avv. Giulia Maria Mentasti in un contributo per ItaliaOggi7, è quanto emerge dall’ordinanza n. 538 del 12 gennaio 2022, con cui la prima sezione penale della Cassazione ha affermato che risponde del reato di bancarotta per distrazione il professionista a cui vengono corrisposti compensi ingenti da una società, dichiarata in un secondo momento fallita, per prestazioni che, seppur giustificate da contratti, afferiscono ad attività troppo generiche e prevedono remunerazioni prive di qualsivoglia canone di ragionevolezza imprenditoriale. L’autonomia delle parti nella pattuizione dell’onorario, infatti, non giustifica l’erogazione di compensi del tutto fuori misura rispetto alle prestazioni in concreto rese, e pertanto idonei a determinare un contributo causale efficiente ai fini della distrazione. Con l’ulteriore precisazione che non è da ritenersi vincolante il fatto che il credito del commercialista possa trovare conforto nell’esito di lodo arbitrale tra professionista e società, liberamente valutabile dal giudice penale.
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    Sì alla confisca del denaro

    Sì alla confisca del denaro, anche se di provenienza lecita e non collegato in alcun modo al reato: come illustrato dai nostri professionisti Prof. Avv. Stefano Loconte e Avv. Giulia Maria Mentasti in un approfondimento per ItaliaOggi7, è quanto deciso con sentenza n. 42415 del 18/11/2021 dalle Sezioni unite della Cassazione penale, che si sono espresse sulla questione, da tempo dibattuta, se le somme di denaro giacenti su conto corrente bancario siano sempre sequestrabili e confiscabili come profitto derivante dal reato anche nel caso in cui la parte interessata fornisca la prova della derivazione del denaro da un titolo lecito.
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    Modello 231 indispensabile per rilevare la crisi di impresa

    Modello 231 indispensabile per rilevare, e dunque prevenire, la crisi di impresa: è quanto emerge dal nuovo Codice della crisi e della insolvenza («Ccii»), che impone proprio di costruire adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili. Come illustrato dai nostri professionisti Prof. Avv. Stefano Loconte e Prof. Arcangelo Marrone per ItaliaOggi7 in un approfondimento a doppia pagina, con l’aggiunta di un nuovo comma all’art. 2086 c.c., il legislatore ha di fatto al contempo conferito ai modelli previsti dal d.lgs. 231/2001 una duplice veste, ovvero quella di strumenti necessari non solo per prevenire la commissione di reati e salvare le società della conseguente responsabilità c.d. «penale», ma anche per evitare il fallimento.
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